lunedì 18 gennaio 2021

Dormisch, la (seconda) fine di un'epoca: il rapporto contrastato tra multinazionali e territorio

Poco più di tre anni fa, e per l'esattezza il 134 dicembre 2017, avevo dato notizia su questo blog del rilancio del marchio Dormisch da parte di Birra Peroni (parte della multinazionale giapponese Asahi): una storica birra friulana, acquisita e poi chiusa da Peroni nel 1989, “rispolverata” nell’ambito di un’operazione di marketing basata sulle birre territoriali. Marketing – letteralmente – di sostanza, per la verità: la Dormisch sarebbe stata prodotta con orzo 100% friulano fornito dalla rete Asprom, e quindi avrebbe vantato un legame concreto con il territorio e ricadute positive sulla filiera agricola locale. Già all'epoca, come avevo scritto, i dubbi ancora aperti erano molti: dal processo produttivo, a come effettivamente sarebbe stata promossa e distribuita la birra.

A tre anni da allora, infatti, Peroni-Asahi ha annunciato di aver messo la parola fine a questo progetto: lo stabilimento di Padova non produrrà più la birra a marchio Dormisch, a causa – questa la ragione fornita agli interessati, di più non si sa dato che l’azienda non rilascia dichiarazioni – dello scarso giro d’affari. La Dormisch veniva infatti distribuita solo in Friuli come birra territoriale, con volumi quindi ridotti rispetto a ciò che la multinazionale si aspettava.

Una mossa decisamente pesante per il Friuli, e non tanto per aver perso un prodotto "simbolo" o presunto tale (perché anche i simboli, nel tempo, possono cambiare). Nel progetto erano infatti stati coinvolti anche Comune di Udine e Regione Fvg, come parte delle loro politiche di promozione delle filiere locali; i distributori e gli esercenti che avrebbero poi dovuto promuovere la Dormisch nei loro locali; e appunto l’Asprom, che aveva raggiunto con Peroni l’accordo di fornitura.

“In realtà la cosa ci tocca solo marginalmente, in quanto l’orzo che fornivamo per il marchio Dormisch era solo una piccola parte della nostra produzione – mi ha spiegato Alido Gigante, presidente della Rete, interpellato in proposito poco fa –: la maggior parte della nostra produzione è infatti assorbita da Castello. In quanto a Peroni, continueremo comunque con una fornitura d’orzo, che verrà destinata ad altre birre”.

Va peraltro segnalato che l’altro progetto analogo di Peroni, quello di Itala Pilsen a Padova (partito prima di Dormisch) pare viceversa godere di miglior salute, e prosegue.

Naturalmente le domande sul perché i consumi siano stati inferiori alle attese sorgono spontanee: erano le attese ad essere irrealistiche? I friulani, al di là dell’entusiasmo iniziale, non hanno apprezzato poi così tanto il revival di un marchio ormai sentito come appartenente alla storia? O invece Peroni-Asahi ha altri progetti, e non intende quindi più investire risorse economiche ed umane in un marchio del tutto marginale al proprio business? Per ora domande senza risposta, data anche la scarsità di informazioni in proposito: voci di corridoio, che come tali vanno prese, propendono per quest'ultima ipotesi - e francamente non risulta difficile credere che gli orizzonti regionali stiano stretti ad una multinazionale. Va anche precisato, e lo dico da persona che vive a Udine, che almeno in città non ho notato quello sforzo di marketing in grande stile che era stato prefigurato.

Certo è che questa vicenda insegna, se mai ci fosse stato bisogno di ribadirlo, che tenere insieme le esigenze e aspettative di una multinazionale e la dimensione territoriale non è cosa semplice; e che anche le istituzioni dovrebbero forse scegliere con maggiore accortezza i propri partner.

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