E' di oggi - pubblicata su Il Trentino - la notizia che la Fondazione Mach, rinomato ente formativo e di ricerca di San Michele all'Adige, avvierà a gennaio 2018 un corso di alta formazione professionale volto a fornire la qualifica di "Tecnico superiore delle bevande": un percorso all'interno del quale troveranno spazio - a seconda dell'indirizzo scelto - birra, distillati, succhi di frutta e altre bevande diverse dal vino. Il dirigente del Centro di Istruzione e Formazione Marco Dal Rì, si legge nell'articolo, ha motivato la scelta dell'avvio del corso con il fatto che "il settore delle bevande diverse dal vino, in particolare di distillati e birra, è in forte crescita: tuttavia non esistono figure formate specificatamente per esso, e le aziende devono procedere alla formazione sia direttamente, sia inviando i dipendenti in realtà straniere". Il corso sarà articolato su 2 anni, con 1200 ore di praticantato, e aperto ai diplomati dei settori enologico, agrario, chimico e biologico.
La cosa mi ha stimolato alcune riflessioni. Intanto, evidentemente c'è una richiesta di maggiore formazione: vuoi da parte delle aziende, vuoi da parte dei ragazzi stessi - che sempre in maggior numero vogliono intraprendere questo percorso (qui poi si può aprire la diatriba sugli sbocchi lavorativi, specie in ambito birrario, ma questo è un altro capitolo) - con conseguente risposta da parte degli enti preposti. In secondo luogo, qui stiamo parlando di una formazione più ampia a livello di "industria del beverage": così come nel visitare la Doemens Akademie a Monaco di Baviera ho constatato che gli studenti imparano a cimentarsi anche su macchinari per la produzione di succhi e bibite - dato che, mi è stato riferito, in Germania è prassi per molti birrifici dedicarsi anche ad una linea di analcolici - così la fondazione Mach propone un corso di respiro più ampio, fatta salva la possibilità di scegliere la specializzazione. Un'offerta quindi almeno in parte complementare a quella di realtà come il master in tecnologie birrarie dell'Università di Perugia, i corsi dell'Accademia Dieffe o quelli dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo o di Udine - per citarne solo alcuni, e peraltro significativamente diversi tra loro.
Certo non è possibile esprimere valutazioni su un corso che non è nemmeno inziato; ma rimane ad ogni modo una notizia significativa il fatto che un ente come la Fondazione Mach abbia rivolto la sua attenzione al settore. Stiamo andando anche in Italia - pur ancora lontani da isittuzioni come quelle presenti in Germania e Belgio - verso una formazione sempre più "accademica" anche nel campo birrario? Parrebbe di sì, il tempo ne darà prova.
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