Pochi giorni fa sono stata invitata dall'amica Elvira Ackermann della Squillari, importatrice per l'Italia delle birre senza glutine Green's, ad una serata sul tema del "gluten free" - sì, dirlo in inglese pare essere più quotato - organizzata a Villorba (Treviso) dalla società P&T Consulting. Trattasi di una società di consulenza specializzata nel tema del "free from" (gltuine, nello specifico): l'idea è quindi quella di offrire i propri servizi alle aziende che operano nel settore, elaborando strategie specifiche per questo comparto. Al di là delle birre Green's nello specifico, che avevo già avuto modo di conoscere al Beer Attraction come avevo scritto in questo post, la serata è stata occasione per alcuni spunti di riflessione.
Partiamo dalle ovvietà, ossia che chi chiede di bere senza glutine naturalmente chiederà anche di mangiare senza glutine - vuoi cibi che ne siano naturalmente privi, vuoi quelli deglutinati: in quest'ottica ha senz'altro senso che le aziende che trattano prodotti diversi ma sotto questo minimo comun denominatore facciano squadra; e affidarsi ad una "regia unica" - che sia una società di consulenza o un altro ente - è un modo per farlo. Tanto più in un segmento come quello del senza glutine che, come è stato ricordato più volte nel corso della serata, negli ultimi anni ha visto non solo una crescita esponenziale dei consumatori ma anche delle aziende che vi sono entrate a fronte di questa domanda in crescita.
E qui è uscita un'altra considerazione, che mi ha fatto riflettere. Uno degli intervenuti ha fatto notare come in un settore un tempo appannaggio di pochi piccoli produttori specializzati siano poi entrate le grandi aziende dell'alimentare. Un segmento che per queste rappresentava e rappresenta una minima percentuale del giro d'affari, ma nel quale hanno voluto essere presenti; determinando, con la loro entrata, la rottura degli equilibri con relative difficoltà per molte piccole aziende. Ma guarda un po' te, mi sono detta, questo discorso mi pare proprio di averlo già sentito: lo stesso grido d'allarme che da tempo lanciano Unionbirrai e piccoli produttori in genere, a fronte del fenomeno delle crafty e delle acquisizioni. Certo sovrapporre in toto i due casi non sarebbe del tutto corretto, però senz'altro è legittimo chiedersi fino a che punto il mondo della birra artigianale può trarre utili spunti da queste osservazioni.
Mondo della birra artigianale che, peraltro, è sempre più presente anche appunto nel senza glutine (tema già lungamente dibattuto): da chi come Green's vi ha dedicato l'intera gamma, a chi vi dedica una o più referenze, anche qui la domanda è arrivata a stimolare l'offerta. Il che implica naturalmente, soprattutto per chi produce sia con che senza glutine, adottare tutti gli opportuni accorgimenti in fase produttiva con relativi costi. Insomma, non proprio una passeggiata.
Venendo alle Green's nello specifico, che hanno accompagnato il buffet che è seguito (nella foto: Elvira Ackermann e Federica Felice del Birrificio Cittavecchia), ho avuto modo di aggiungere alla mia personale lista la Gutsy Dark Ale, dal color ambrato scuro e dagli intensi sapori torrefatti, con nel finale qualche nota di legno e di caramello; la Gallant Amber Ale, per certi versi la "sorella minore", dai toni dolci e fruttati ma senza indulgere sulla componente zuccherina grazie ad un finale secco. A colpirmi di più - nel bene e nel male, dato che l'ho trovata fin troppo esuberante per i miei gusti - è stata senz'altro la Gold Dry Hopped Lager, una vera e propria esplosione di frutta tropicale grazie ad una ricchissima luppolatura con Willaimette, Simcoe, Amarillo, Target e Nelson Sauvin; e che presenta un corpo che, pur estremamente snello, rimane comunque peculiare, non essendo a base di malto d'orzo ma di sorgo, miglio, grano saraceno e riso integrale. Senz'altro non una birra per puristi, ma gradevole da bere nelle giornate calde anche grazie alla chusura di un amaro leggero ma netto.
Di nuovo un grazie ad Elvira e a P&T Consulting per l'invito e l'ospitalità.
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