
E qui è uscita un'altra considerazione, che mi ha fatto riflettere. Uno degli intervenuti ha fatto notare come in un settore un tempo appannaggio di pochi piccoli produttori specializzati siano poi entrate le grandi aziende dell'alimentare. Un segmento che per queste rappresentava e rappresenta una minima percentuale del giro d'affari, ma nel quale hanno voluto essere presenti; determinando, con la loro entrata, la rottura degli equilibri con relative difficoltà per molte piccole aziende. Ma guarda un po' te, mi sono detta, questo discorso mi pare proprio di averlo già sentito: lo stesso grido d'allarme che da tempo lanciano Unionbirrai e piccoli produttori in genere, a fronte del fenomeno delle crafty e delle acquisizioni. Certo sovrapporre in toto i due casi non sarebbe del tutto corretto, però senz'altro è legittimo chiedersi fino a che punto il mondo della birra artigianale può trarre utili spunti da queste osservazioni.
Mondo della birra artigianale che, peraltro, è sempre più presente anche appunto nel senza glutine (tema già lungamente dibattuto): da chi come Green's vi ha dedicato l'intera gamma, a chi vi dedica una o più referenze, anche qui la domanda è arrivata a stimolare l'offerta. Il che implica naturalmente, soprattutto per chi produce sia con che senza glutine, adottare tutti gli opportuni accorgimenti in fase produttiva con relativi costi. Insomma, non proprio una passeggiata.
Venendo alle Green's nello specifico, che hanno accompagnato il buffet che è seguito (nella foto: Elvira Ackermann e Federica Felice del Birrificio Cittavecchia), ho avuto modo di aggiungere alla mia personale lista la Gutsy Dark Ale, dal color ambrato scuro e dagli intensi sapori torrefatti, con nel finale qualche nota di legno e di caramello; la Gallant Amber Ale, per certi versi la "sorella minore", dai toni dolci e fruttati ma senza indulgere sulla componente zuccherina grazie ad un finale secco. A colpirmi di più - nel bene e nel male, dato che l'ho trovata fin troppo esuberante per i miei gusti - è stata senz'altro la Gold Dry Hopped Lager, una vera e propria esplosione di frutta tropicale grazie ad una ricchissima luppolatura con Willaimette, Simcoe, Amarillo, Target e Nelson Sauvin; e che presenta un corpo che, pur estremamente snello, rimane comunque peculiare, non essendo a base di malto d'orzo ma di sorgo, miglio, grano saraceno e riso integrale. Senz'altro non una birra per puristi, ma gradevole da bere nelle giornate calde anche grazie alla chusura di un amaro leggero ma netto.
Di nuovo un grazie ad Elvira e a P&T Consulting per l'invito e l'ospitalità.
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