venerdì 2 dicembre 2016

Una birra in riva al Piave

Ho parlato solo un paio di volte su questo blog della birra San Gabriel, per quanto sia stata una delle prime birre artigianali che ho provato: amo infatti ricordare, non senza ironia, come la sera prima del mio matrimonio - sconfortata dall'aver visto arrivare al cellulare di mio fratello, a casa con me, un messaggio dal suo futuro cognato che diceva "Noi siamo in birreria, ci raggiungi?" - abbia annegato tensioni e timori in una bottiglia di Bionda San Gabriel. Ad ogni modo mercoledì scorso ho, dopo tanto tempo, visitato di persona il birrificio e l'annessa Osteria della Birra: l'occasione era la presentazione della candidatura della Valle del Piave a patrimonio Unesco, che il birrificio sostiene - dato che, come ha ricordato il fondatore Gabriele Tonon (a sinistra nella foto qui sotto), "le analisi hanno dimostrato che l'acqua del Lia ha una composizione simile a quella di Monaco, e quindi per la birra è perfetta".

Non mi soffermo qui sulla candidatura - vi rimando al sito dedicato, www.piaveunesco.org, con un caldo invito a leggere perché gli aspetti di interesse sono numerosi; mi limito a dire che è stata una serata molto istruttiva e piacevole, grazie anche alla chiacchierata con il prof. Giovanni Campeol e il dott. Giuliano Vantaggi - presidenti rispettivamente del Comitato scientifico e del Comitato promotore - e con lo stesso Gabriele Tonon, tra i pionieri della birra artigianale avendo aperto nel 1997. Essendosi Gabriele formato in Germania, e più precisamente alla Doemens Akademie, l'impronta tedesca è quella predominante nelle birre del San Gabriel; per quanto non si disdegni di spaziare nelle stout e in alcune birre "sperimentali", pur senza stravolgere gli stili consolidati.

Ho avuto modo di riprovare la Bionda - una lager chiara ispirata alle hell bavaresi, semplice, pulita e beverina, dal profumo che coniuga sentori erbacei e floreali a quelli del cereale - e la nota Ambra Rossa al radicchio, il "marchio di fabbrica" del San Gabriel - che unisce in maniera peculiare i sapori dei malti caramellati a quelli amari ed erbacei del radicchio, trovando un equilibrio del tutto apprezzabile tra i due poli. Nuova mi era invece la Buschina, definita come "tradizionale doppio malto italiana" (quasi a confermare che in Italia "doppio malto" è, con buona pace di chi - me compresa - si ostina a ricordare che si tratta solo di una definizione legislativa e non di uno stile, diventata una dicitura che di fatto sta ad identificare in senso lato una birra più forte e corposa della media): anche questa una lager, dal colore dorato carico, in cui all'aroma ho percepito - ancor più dei sentori fruttati "da descrizione", pur presenti - note di miele. Corpo caldo e pieno di cereale, che però non chiude indugiando sulla componente dolce ma va a contrastarla con un amaro delicato - che non cancella comunque completamente i sapori maltati. Anche questa semplice e senza particolari fronzoli, coerentemente con la filosofia della casa.

Al di là delle birre meritano poi una nota l'arredamento - ricco di veri e propri pezzi di collezionismo birrario - nonché la cucina dell'Osteria, che non solo ha dei "capisaldi di freschezza" - uno dei vanti è il fatto di non usare alcun prodotto surgelato -, ma presenta anche alcune particolarità a cui abbinare utilmente le birre. Al di là della "gamma radicchio" - dal risotto, alla marmellata di radicchio da accompagnare ai formaggi, alla frittata con radicchio e salsiccia - mi ha colpita in modo particolare la polenta con il mais rosso San Martino, una varietà di origine peruviana caduta nell'oblìo e poi riscoperta alla fine del XIX secolo in Carnia. A rifornire il San Gabriel è l'azienda agricola Pasquon di Torre di Mosto; e dalla farina macinata a pietra nasce non solo una polenta dal gusto del tutto particolare - delicatamente dolce, che tende quasi alla vaniglia, - ma anche la birra Zea Mays.

L'aroma unisce in maniera armoniosa la luppolatura floreale e i toni di cereale tendenti al vanigliato di questa particolare varietà di mais; un connubio che apre ad un corpo beverino per quanto di media robustezza, e in cui la componente dolce è sì protagonista ma non invasiva grazie anche alla chiusura in cui ritorna con eleganza l'amaro del luppolo - con tanto di lieve nota speziata al retorlfatto, che accompagna in maniera peculiare le precedenti note di vaniglia. Una birra che ho trovato originale e ben costruita, nella misura in cui gestisce in maniera pulita ed equilibrata un sapore peculiare come quello del mais San Martino.

Chiudo con un grazie a Gabriele Tonon, allo staff del birrificio e ai promotori della candidatura della Valle del Piave per la piacevole serata.

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