A Sauris mi sono fermata, come di consueto, a salutare gli amici di Zahre; che in quanto a birra confermano le linee consolidate - squadra che vince non si cambia, dato che le quattro birre storiche continuano a raccogliere consensi dopo più di quindici anni, e anche l'ultima nata Ouber Zahre si è ormai consolidata dopo qualche aggiustamento - ma hanno novità sotto altri profili. Sono infatti in dirittura d'arrivo i lavori per l'apertura dello spaccio e della sala didattica, dove troverà posto anche un piccolo impianto sperimentale da 1 hl; e vedendo le bottiglie non si può non notare la nuova tappatura "figlia" della nuova imbottigliatrice, che dovrebbe garantire una miglior conservabilità e una più lunga durata della birra - questione che è sempre state "croce e delizia" di Zahre, trattandosi (eccetto la apa Ouber Zahre) di basse fermentazioni molto delicate sotto questo profilo. Se teniamo conto che nella sala didattica sono previsti anche momenti di formazione rivolti a publican e distributori su come conservare e servire al meglio la birra, pare che il birrificio abbia "preso il toro per le corna" rispetto a quella che era evidentemente un'esigenza sentita sia dalla parte del produttore che da quella del distributore e consumatore. La data dell'apertura è ancora da definire, ma dovrebbe essere questione di qualche mese; così come per il lancio delle bottiglie da 0,33, strada sinora esplorata da Zahre solo con la ipa one-shot fatta per la primavera di un paio d'anni fa. Ho avuto poi il piacere di fermarmi per uno spuntino al bar Kursaal, appena rimesso a nuovo e aperto da Sarah Fassi - la più giovane rampolla del "clan" del birrificio, che ha deciso di provare a camminare da sola -: oltre alle birre di famiglia, sono disponibili taglieri dei noti prodotti locali, serviti in un ambiente semplice ma ben curato. In bocca al lupo dunque a Sarah per la sua nuova avventura.
Scesa a valle mi sono dunque diretta allo Yardie, locale nuovo per me. La serata prevedeva nove birrifici e beerfirm ospitati - in ordine rigorosamente casuale Borderline, Foglie d'Erba, Villa Chazil, Galassia, Garlatti Costa, Zanna, Antica Contea, Campestre, Pighi - per una ventina di birre disponibili. Nota di merito per l'organizzazione tecnico-logistica del tutto, nonché per l'utilizzo di bicchieri in vetro, prontamente rilavati e riconsegnati freschi - si potrebbe obiettare che il tipo di bicchiere non era adatto ad alcune delle birre che andrò a descrivere, ma non si può avere tutto.
Le birre che ho assaggiato sono state diverse, per cui andiamo con ordine partendo dal capitolo birre estive. Ho provato per prima la nuova versione della Nova di Birra Galassia: modifiche minime, appena percettibili, ma utili a far sentire meno lo stacco tra il cereale del corpo e l'amaro delicato ma netto e leggermente agrumato della chiusura rendendo l'insieme ancor più equilibrato. Sono poi passata alla Summer Ipa, brassata in collaborazione tra Villa Chazil e Borderline: e devo dire che ci ho visto soprattutto l'impronta di quest'ultimo, data l'esuberante luppolatura - nota distintiva di molte delle loro creazioni - dagli intensi profumi agrumati e tropicali (mi hanno nominato cascade, chinhook e mosaic tra gli altri), per passare poi ad un corpo che ho trovato molto evanescente e chiudere su un amaro resinoso, deciso e particolarmente persistente. Personalmente tendo a cogliere come uno "squilibrio" il fatto di accostare una luppolatura così importante ad un corpo molto esile, dando quasi l'impressione che la birra in questione sia "solo luppolo"; ma è del resto una caratteristica di molte summer ale a fin di bevibilità e "caratterizzazione" al tempo stesso, obiettivo che del resto la Summer Ipa centra. Di tutt'altra impronta la summer ale di Antica Contea, la Pseudo Snowy: una monomalto Vienna e monoluppolo Palisade, con una luppolatura più delicata su toni tra il floreale e il fruttato. Il corpo ha una presenza "fresca" di cereale - che a me ha ricordato le birre di frumento anche se non c'entrano nulla -, e tiene insieme una struttura "leggera" ma non esile ad un'ottima bevibilità, con un finale fresco e pulito senza lunghe persistenze.
Passando ad altri generi ho fatto conoscenza di un nuovo beerfirm (che si appoggia a Borderline), Pighi Craft Beer; che, come mi ha illustrato il titolare Michele, si è lanciato sin dall'inizio (l'attività è stata aperta pochi mesi fa) su generi inusuali almeno agli inizi - ma frutto dei decennali esprimenti da homebrewer di Michele. La prima birra che ho provato è la sour ale Living Room, prodotta con lievito madre di un panificio udinese, e fatta invecchiare sei mesi in botti di rovere con l'aggiunta di brett. Brett che al naso risalta discretamente e che la farebbe presagire assai più acida di quel che è in realtà, mentre al palato si rivela delicata; per chiudere su un finale leggermente speziato e non troppo persistente per il genere. Una acida senza particolari vistosità ed "entry level", come le si usa chiamare, ma comunque gradevole anche per chi è abituato ad "acidità" ben più elaborate. Sono poi passata alla Stic, una ale affumicata. Al naso il malto rauch - la base è di maris otter - è molto delicato, quasi a non volersi imporre; tanto da rendere percepibili ad un'analisi più attenta anche gli aromi leggermente speziati del luppolo sterling. Anche qui il corpo è decisamente scarico e lascia subito ad un finale amaro ben persistente, che amalgama i toni affumicati del malto con quelli tra il resinoso e l'agrumato del luppolo. Insomma, per ora siamo agli inizi, ma le premesse per futuri felici sviluppi sembrano esserci.
Da ultimo ho lasciato le scure, inziando con la cocoa porter Eclissi di Villa Chazil: una porter con fave di cacao per la quale non sapresi trovare altro aggettivo che "vellutata", amalgamando l'acidulo delle fave di cacao ai toni tostati del malto grazie anche all'aggiunta di lattosio - con la sua componente dolce, ad evitare l'astringenza che le fave potrebbero dare. Per gli amanti del cioccolato, pur senza voler strafare sul fronte cacao, e dall'ottima bevibilità. Infine la Jab di Garlatti Costa, una "belgian porter" (belgian a motivo del lievito, Severino una sempre lo stesso "perché ormai conosco la bestia, dipende tutto da che cosa gli dai da mangiare") battezzata così in onore di James Brown. Caratteristica peculiare è l'uso del luppolo sloveno Polaris, dalle note balsamiche; e se a temperature più basse risalta soprattutto la menta, che va poi a fondersi in bocca con i toni tostati e di cioccolato, man mano che la birra si scalda - e la Jab ha il merito di non "impastare" la bocca e scendere benissimo ugualmente - spuntano anche quelli di liquore alle erbe e al caffè, senza tuttavia andare a pregiudicare la bevibilità con note alcoliche al palato o in chiusura - che rimane abbastanza lunga, e sempre su toni balsamici. Se esperimento era, nel voler unire in maniera originale uno stile britannico, un lievito belga e un luppolo sloveno, direi che Severino è riuscito a portarlo avanti con maestria - oltre che a spillarla con altrettanta maestria, come anche il cappello di schiuma testimonia: una degna chiusura alla serata, contraddistinta anche da interessanti chiacchierate con i birrai e gli appassionati presenti.
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