Proseguo con i birrifici nuovi - almeno per me, e alcuni anche per la Fiera. Il primo che ho visitato è il Calibro 22 di Cavriglia (Arezzo), così chiamato "perché è una pistola di piccolo calibro: noi siamo piccolini", hanno spiegato Raimondo ed Elena. In effetti sono agli inizi, avendo aperto lo scorso giugno; ma contano comunque un discrteto repertorio con cinque birre. La portabandiera della casa è la One Shot One Kill, una session ipa (4,2 gradi alcolici, per lunghe bevute) dalla gradevole lupolatura tra il floreale e l'agrumato, corpo leggero, e ben attenuata e dissetante. C'è poi la apa CCCP, acronimo dei luppoli utilizzati (Cascade, Columbus, Centennial e Palisade: ho voluto fare l'acculturata facendo notare a Raimondo che la sigla in questione è in cirillico per cui in alfabeto latino sarebbe SSSR e l'acronimo non funziona più, ma mi ha zittita perché già lo sapeva); la bitter JB Fletcher; la pale ale Santa Barbara e la mild Dark Kiss, spillata a pompa pre l'occasione. In generale, una filosofia di birre semplici e pulite, di bassa gradazione, facile bevuta e senza aromi né sapori estremi, aderenti ai rispettivi stili.
Mi sono poi tolta la curiosità di assaggiare finalmente la Masalabir del birrificio Hibu, nome noto nel panorama brassicolo italiano con nove anni di attività e una trentina di birre all'attivo, ma che non avevo mai avuto occasione di conoscere personalmente. Trattasi di una ale aromatizzata ispirandosi al Masala, miscela di spezie usata in Nepal variabile a seconda dell'uso che se ne fa: tra le tante si trovano la curcuma, la cannella, il cardamomo, lo zenzero, i chiodi di garofano e il pepe. Il risultato è appunto una birra in cui le spezie hanno una presenza poderosa, che ad alcuni palati potrebbe forse risultare eccessiva; la consiglierei agli amanti di saison e affini, che troverebbero in questa - che rimane una birra fresca e profumata - una speziatura diversa ed originale. Da menzionare è poi il fatto che il ricavato della vendita della Masalabir - a "tiratura limitata" - sarà devoluto ad un progetto umanitario ideato dall'alpinista e medico Annalisa Fioretti, che trovandosi in Nepal durante il terremoto ha voluto dare seguito aiprimi soccorsi mettendo in piedi un progetto umanitario a lungo termine. Insomma, bevi e fai del bene.
Altra nuova conoscenza è stata il Birrificio della Ghironda, dalla provincia di Bergamo, "in proprio" dallo scorso luglio dopo sei anni di beerfirm. Il repertorio - dato che alla musica si ispirano i nostri - è vasto, dalla alta alla bassa fermentazione: si va dalla tripel 3/8, alla bianche Aromatis, alla pils Ghirò, alla Ipa Mellis. Su consiglio del ragazzo allo stand ho provato la Rubis, una dubbel: classica belga di questo stile, ben mielosa al naso, con toni di zucchero caramellato in bocca. Ha comunque il merito di non essere stucchevole, grazie ad una leggera nota amara sul finale.
Da ultimo (ma non per importanza) il Sensolibero, il cui slogan è "Bevi ciò che sei": loro filosofia, come testimoniato anche dalla grafica che rappresenta in forma di bicchiere varie popolazioni del mondo, è fare birre semplici e aderenti ai rispettivi stili, ma che nella diversità di questi stili consentano a ciascuno di trovare la "sua birra" e di esprimersi. Il repertorio lo vedete nella foto (cliccate sopra per ingrandirla); su consiglio dei gentili signori allo stand ho provato la loro ultima nata, la Airtime session ipa - pare essere uno stile gettonato, dopo il l'epoca d'oro delle Ipa più estreme. In effetti si tratta di una birra semplice e che è ciò che dichiara di essere: aroma esotico, corpo leggero e rinfrescante, con un finale secco e di un gradevole amaro agrumato.
Nessun commento:
Posta un commento