venerdì 4 ottobre 2013

Gusti di frontiera, parte seconda: a casa dell'ape

Ok, l'avrete immaginato: la buonanima successiva che mi ha offerto riparo era un simpatico signore allo stand di una cooperativa di apicoltori goriziani (di Lucinico, per la precisione), La casa dell'ape. Scordatevi il millefiori o l'acacia: per carità, c'erano, "Ma quelle sono le qualità classiche", ha tagliato corto quasi con sufficienza il buon apicoltore. La serie di sapori disponibili, infatti, è tanto sorprendente quanto insolita.

Forse vi sarà capitato di assaggiare il tarassaco, dal gusto molto deciso; ma dubito abbiate mai provato la marasca del Carso, ricavato da una pianta - il prunus mahaleb, nella foto - che cresce unicamente sulle terre rosse dell'altipiano e si riesce a produrre soltanto in poche annate: come dice il nome stesso, ha un peculiare sapore di ciliegia selvatica. Altra specialità della casa è la melata, prodotta non dal fiore ma dalla linfa - le api la ricavano cioè lambendo le gocce zuccherine sulla superficie delle foglie -, dal sapore quasi caramellato; e il mix balsamico, un miele con olii essenziali di eucalipto, pino mugo, menta piperita, timo bianco, anice stellato e propoli: decisamente sconsigliato da spalmare sul pane - è davvero molto forte -, ma che promette di fare miracoli anche nel caso del peggiore dei raffreddori - e c'è da crederci, quel profumo lì apre qualsiasi naso.

Ad incuriosirmi è stato però il "mix energetico", non potendo non chiedermi che cosa mai avesse dentro: miele millefiori, polline, propoli, pappa reale e gingseng. Insomma, una bomba: dopo due cucchiai di questo, c'è di che trasformarsi in un razzo missile, come dice la canzone. Devo ammettere che per i miei gusti era decisamente troppo dolce: personalmente ho apprezzato di più la marasca, forse anche per la sua particolarità.

Mentre mi dilettavo ad assaggiare, il buon apicoltore mi ha peraltro svelato uno dei maggiori arcani con cui mi confronto da anni a colazione: ossia come mai alcuni tipi di miele cristallizzino nel giro di poco tempo, costringendomi a lunghe battaglie per spalmarli sul pane - oppure, lo ammetto, a scioglierli scaldandoli nel microonde, vero e proprio sacrilegio in quanto a conservazione della qualità. "Dipende tutto dal grado di fruttosio - ha spiegato -: quelli che ne contengono di più, come l'acacia, il castagno e la melata, restano liquidi più a lungo; mentre quelli che hanno più glucosio cristallizzano velocemente, perché è uno zucchero non solubile in acqua". A 'nvedi tu, non si finisce mai di imparare. Curioso anche il fatto che gli apicoltori della Casa dell'ape avessero portato lì proprio i loro maggiori soci in affari, ossia le api stesse: in una sorta di teca chiusa ce n'era infatti uno sciame intero, per la gioia soprattutto dei (pochi, dato il clima infelice) bambini che passavano.

A quel punto, senza nemmeno bagnarmi, mi sono spostata al banco accanto, quello della Rosa di Gorizia: mi aspettavo fossero fiori, e invece...

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