Dopo una lunga serie di taralli ed altre simili amenità pugliesi, a farmi fermare per capirne di più è stata la bancarella della pizzeria ristorante Al Cavallino, che porta ai goriziani le specialità napoletane. Diciamocelo: dopo la mia (unica) gita nel capoluogo partenopeo con i colleghi di Città Nuova, già mi pregustavo una fetta di pastiera o una sfogliatella (rigorosamente frolla, grazie: inorridirò i puristi, ma la riccia non è di mio gradimento). Invece la signora dietro al banco mi ha messo tra le mani un perfetto sconosciuto, il casatiello: un'impasto di farina, lievito, acqua, sale, pepe, strutto, uova sode, salame, ciccioli di maiale, formaggio - "caso" in dialetto napoletano, da cui il nome -, che si usava fare in occasione della Pasqua (per ristorarsi dal digiuno quaresimale, oso supporre). Il formaggio peraltro, ha spiegato la signora, deve essere rigorosamente pecorino: sta lì infatti la simbologia dell'agnello, che insieme alle uova lo lega appunto alla Risurrezione; così come la forma a ciambella ricorderebbe la corona di spine, "distrutta" man mano che il casatiello viene mangiato. Insomma, ce n'è per un trattato di teologia oltre che di cucina. Devo ammettere che si tratta di una pietanza un po' troppo "forte" per me, sia in termini di sapore - il pecorino è davvero molto accentuato - che di digestione; però la genuinità non è in discussione, e spero di avere occasione, passando per Gorizia, di assaggiare un'altra delle creazioni del Cavallino: magari le pizze, dato che ne contano ben 65 in listino.

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