lunedì 20 settembre 2021

Un ritorno alla "piccola" Santa Lucia

No, il titolo non è un intento di sminuire la manifestazione; ma un semplice riferimento al titolo dato dagli stessi organizzatori della - almeno per me storica, nel senso che è stata quella in cui ho mosso i primi passi dal punto di vista professionale - fiera, che si è tenuta lo scorso fine settimana. Format sostanzialmente identico al pre Covid - birrifici, gastronomie e musica - ma concentrato su quattro giorni, dal giovedì alla domenica, invece che su tre weekend. Conoscevo già la maggior parte dei birrifici in lizza - diciotto marchi, contando sia i birrifici presenti in prima persona che quelli presenti tramite distributori che ne portavano più d'uno -; ma la mia attenzione si è naturalmente concentrata su quelli che mi erano nuovi.

Novità a mio avviso di rilievo è il Birrificio 17 di Castello di Godego (Treviso), aperto nel 2019 da quattro amici usciti dal diciassettesimo - di qui il nome - corso Dieffe per birrai artigiani. Una volta di più, dunque, l'accademia padovana si conferma fucina di professionisti. Ben corposa la lista delle birre, servite per la maggior parte nel brewpub annesso - spillate direttamente dai tank, e usate anche nelle ricette della casa - e che lasciano intendere un'impostazione "tedesca" nella filosofia di lavoro: non perché ci siano in lista solo stili tedeschi (per quanto ce ne sia una buona rappresentanza), ma perché l'approccio è sempre quello di fare birre pulite, facilmente bevibili e mai sopra le righe. Come da mia consuetudine ho iniziato dalla Helles, il metro di misura per chi intende lavorare così, la "Postumia". Per chi ha familiarità con il BJCP, si vada a vedere la descrizione della Munich Helles e troverà rispondenza pressoché perfetta con questa birra: un esempio da manuale dello stile, insomma, e francamente c'è poco altro da dire. Mi sono poi spostata su un altro stile indicativo sotto questo profilo, la Vienna "Vale" (battezzata in onore della figlia di uno dei quattro soci): anche qui una sostanziale rispondenza ai dettami dello stile, unendo in un delicato bilanciamento gli aromi e sapori biscottato-tostati (mai dolci, in realtà), il corpo snello in cui la complessità della componente maltata non "riempie" il palato pregiudicando la beva, e il finale di un amaro pulito e secco ma non persistente. Ultima la Rauch "S-Monkey": se vi aspettata una Schlenkerla rimarrete interdetti, perché qui siamo su un registro abbastanza diverso - affumicato delicato all'aroma, per lasciare più spazio poi a sapori analoghi in bocca; senza comunque alcuna invadenza, né persistenza troppo lunga. Rispetto ad altre affumicate più possenti ne guadagna però significativamente in armonia complessiva e bevibilità, soprattutto nell'ottica di una certa versatilità negli abbinamenti gastronomici.

 

Ho conosciuto poi Podere 676, birrificio agricolo di Fiumicino (Roma) che porta avanti un progetto di coltivazione in loco sia dei cereali che del luppolo - un altro tassello, dunque, ad una strada intrapresa da sempre più aziende. Ho assaggiato la loro Pils: non ho rilevato difetti macroscopici,ma l'ho trovata più simile ad una Helles, con una delicata luppolatura floreale e un'amaricatura finale capace sì di tagliare le persistenze dolci, ma non di risaltare. A perseguire una filosofia di produzione locale (o quantomeno italiana, a seconda delle materie prime necessarie per ciascuno stile) è anche l'altra nuova realtà che ho conosciuto, l'agribirrificio Fria di Loreggia (Padova), socio Cobi. Tra le sei birre in produzione mi è stata consigliata quella più "sui generis", LaTino, una Belgian Strong Ale al miele di castagno brassata interamente con materie prime provenenti da una distanza massima di 5km dalla sede. La definirei in toto come Honey Ale, in quanto il miele la fa da padrone sia all'olfatto che al palato, arrivando ad imporsi sulla caratterizzazione belga di base - pressoché non coglibili lo speziato da lievito e la tipica pienezza maltata del corpo, almeno finché la birra non si scalda anche al di sopra della temperatura di servizio consigliata di 7-9 gradi; e risulta, come da intenzioni, scorrevole nonostante i 9 gradi alcolici grazie alla secchezza e al tocco amarognolo in chiusura dato dal miele - giustamente assenti le note alcoliche.


Tra le birre nuove, ma di birrifici che già conoscevo, segnalo invece la Finnegan di La Ru: una Irish Red Ale leggermente torbata, dall'aroma maltato in cui si coglie una delicata nota erbacea e speziata (e sotto il profilo della luppolatura il birraio è rimasto quanto più sul classico possibile, con Fuggle e East Kent Golding); in bocca il caramello del Crystal avvolge il palato, senza tuttavia pregiudicare la scorrevolezza, chiusura in cui il taglio amaro arriva come da manuale a chiudere la bevuta. Peccato non avere avuto la possibilità di una spillatura a pompa perché una diversa gestione della carbonatazione avrebbe reso maggior giustizia a questa birra, ma rimane comunque un esemplare interessante dello stile.

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