giovedì 30 settembre 2021

Sei birre per due sorelle

Avevo già presentato, per il Giornale della Birra, il birrificio agricolo cuneese Due Sorelle (qui e qui potete leggere gli articoli): una realtà nata nel 2014 da un cascinale acquistato tre anni prima, e in cui le due giovani sorelle Federica ed Elisa Toso hanno preso in mano l'attività insieme al resto della famiglia - già attiva nel settore agricolo e delle bevande. All'epoca - parliamo di alcuni mesi fa - avevo assaggiato le loro birre; e recentemente ho avuto modo di farlo di nuovo, facendomene un'idea più precisa.

Per ragioni di stile ho iniziato dalla Naif, l'unica lager del repertorio, definita come Zwickelbier. Non aspettatevi, però, qualcosa di assimilabile a ciò che assaggereste in Germania sotto questo nome: la rifermentazione in bottiglia (che mi è stato riferito venire effettuata) fa sì che il lievito dia un ulteriore contributo agli aromi tra lo speziato e l'agrumato del luppolo, strizzando quasi l'occhio a certe Session Ale invece che allo stile di riferimento. Rimane comunque fedele alla sua volontà di essere una birra fresca e dissetante, dal corpo snello e ben carbonato, con una nota di pane spalmato di miele e una chiusura che taglia le persistenze dolci grazie ad un'amaricatura sobria. Puristi astenersi, da provare se invece vi intriga l'idea di una lager chiara che si ibrida con altre tradizioni brassicole.

Sono poi passata alla Wahida, una Blanche; ed è proprio la tradizione belga quella a cui si ispira principalmente il birrificio - e che arriva ad influenzare anche le produzioni che fanno riferimento ad altri stili, in particolare per quanto riguarda la tendenza a sfruttare gli esteri del lievito a fini di aromatizzazione. Si tratta di una birra fondamentalmente in stile, dai canonici profumi speziati, agrumati e di coriandolo, e l'acidulo da frumento al palato; ho tuttavia notato un leggero ritorno alcolico caldo a fine bevuta, unica "sbavatura" rispetto ai parametri di riferimento.

Decisamente sui generis la Special, sulla carta una Saison, che alla classica rosa di aromi speziati dati dal lievito - ho colto in particolare il pepe - unisce toni decisamente caldi sul fronte del malto, dal miele di castagno al caramello; che arrivano quasi a coprire i luppoli tedeschi usati in aroma. Finale anche qui caldo, con una nota speziata.

Sempre a questa famiglia stilistica fa capo anche la prima birra brassata dal birrificio, la Sister Ale, definita come una Farmhouse Ale. Al di là delle dispute sulla classificazione dello stile - chi lo vorrebbe come una definizione che tenga sotto di sé Saison, Blanche e Bière de Garde; chi lo vorrebbe come uno stile a sé, più fedele a quelle che dovevano essere le versioni più "selvagge" delle birre brassate nelle fattorie belghe - c'è da dire che anche qui le due sorelle e il birraio hanno voluto una volta di più non focalizzarsi sul nome dello stile ma sul risultato finale che volevano ottenere (una birra fresca e di facile bevuta): e infatti al naso risaltano anche qui per prima cosa i profumi tra lo speziato e il fruttato del lievito belga, con un lieve accenno acidulo solo sullo sfondo - e che comunque amalgama l'agrumato da luppolo con accenno sour vero e proprio; che ritorna poi, altrettanto leggero, a chiudere un corpo incentrato sui sapori di costa di pane. Niente aromi e sapori brettati né "funky", dunque: personalmente la farei rientrare tra le Grisette, che alcuni classificano infatti tra le Farmhouse Ales.

E appunto la Bière de Garde a questo punto non poteva mancare, la Amber Ale (battezzata così, mi è stato riferito, semplicemente perché messa in contrapposizione all'unica altra birra allora prodotta, la Sister Ale, che invece è chiara). Qui ci riavviciniamo allo stile, con un ricco aroma maltato, tra il tostato e il caramello - finanche un tocco di whiskey - incorniciato dagli esteri del lievito. Anche in bocca torna una certa nota liquorosa, con un accenno di legno e frutta sotto spirito; fino ad un finale che rimane dolce e moderatamente persistente.

Chiude il quadro scostandosi dal Belgio la Hella Hop, una Ipa: anche qui un connubio sui generis tra la luppolatura americana - dalla frutta tropicale, agli agrumi, alla frutta a pasta gialla - e gli esteri del lievito, confermando la tendenza ad ibridare i vari stili con l'anima belga.

Nel complesso, birre piacevoli a bersi e senza difetti palesi - se non appunto la sbavatura che personalmente ho rilevato nella Blanche; e in cui è ben riconoscibile il marchio di fabbrica della passione per le "lievitazioni alla belga", se così le vogliamo scherzosamente chiamare. Il che, se ad alcuni potrebbe far apparire queste birre un po' monocordi, agli amanti del genere potrebbe risultare un interessante filo conduttore anche verso gli stili che belgi non sono.

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