Al di là della grafica fatta circolare da Unionbirrai e qui riportata, che offre senz'altro utili spunti, mi è sorta qualche riflessione; congiuntamente al comunicato che sempre Unionbirrai ha fatto circolare qualche giorno fa, e che trovate qui sotto.
Le notizie che ci giungono da Roma sono a dir poco preoccupanti. In quest’anno di pandemia i birrifici artigianali sono stati sistematicamente esclusi da ogni tipo di ristoro a causa dei meccanismi legislativi più disparati.
In questo contesto drammatico ci viene confermato che gli unici provvedimenti di natura finanziaria relativi alla birra artigianale che verranno discussi in Parlamento prevedono l’innalzamento del limite per l’applicazione dello sconto del 40% sulle accise dagli attuali 10000hl a 50000hl. Tale provvedimento prevede una dotazione finanziaria di 1 milione di Euro e, per quanto di nostra conoscenza, riguarderebbe solo 8 birrifici italiani, ovvero meno del 1% dei produttori presenti sul territorio nazionale.
Unionbirrai ha sempre sostenuto la necessità di avere uno sgravio sulle accise anche per i birrifici aventi produzione superiore a 10000hl, ma con una logica di progressività fiscale, che in questo provvedimento sarebbe totalmente assente.
Un milione di Euro di certo non risolleverebbe le sorti del nostro comparto, ma potrebbe essere una grande boccata di ossigeno per decine di piccole aziende produttrici. Distribuirli a pochi e grossi costituirebbe un messaggio tragico per tantissimi piccoli imprenditori.
Partiamo dall'inizio: domani, dicevamo, si riapre. E spiace vedere che non c'è molto spazio alla gioia per la buona notizia, quanto disappunto per una riapertura che è percepita come non risolutiva per diverse ragioni - non tutti i pub e tap room dispongono di spazi all'aperto, possibilmente coperti per tutelarsi dal maltempo; esistono ancora pesanti limiti d'orario; la riapertura è stata comunicata poco più di una settimana prima, con conseguenti problemi di approvvigionamento e organizzazione; senza contare chi si chiede se a conti fatti non convenga incassare un pur misero ristoro (per chi l'ha incassato), piuttosto che tenere aperto a queste condizioni.
Mi ha dato molto da riflettere il botta e risposta avvenuto alla trasmissione di La7 L'aria che tira tra il microbiologo Andrea Crisanti - probabilmente il più esposto mediaticamente in tutta la pandemia - e un ristoratore, che a fronte della contrarietà del primo alle riaperture ha ribattuto "Allora mi dia 200.000 euro, perché tanti ne ho persi quest'anno"; ricevendo in tutta risposta la replica "Mi spiace, non sono abituato a questo genere di discorsi, se lei avesse ricevuto i ristori non saremmo qui a parlarne". Ecco, credo che nel "non sono abituato a questi discorsi" stia il nocciolo della questione: è ormai un anno che il dialogo tra operatori economici, politica e scienziati (peraltro spesso additati di avere opinioni contraddittorie, più sul piano mediatico che su quello strettamente scientifico a dire il vero) appare sempre più un dialogo tra sordi. Gli uni paiono "non essere abituati" ai discorsi degli altri, finendo per non capire e non farsi capire, rendendo impossibile trovare una conciliazione almeno parziale tra posizioni inconciliabili. Difficile spiegare a chi vede il mondo dal punto di vista della circolazione virale, potendo contare al tempo stesso su uno stipendio, che non è solo questione di ristori, ma anche della dignità del poter lavorare; così come chi si è più che legittimamente sentito preso in giro da una serie di provvedimenti contraddittori, che hanno imposto requisiti stringenti prima di costringere comunque alla chiusura e senza adeguati sostegni, sarà disposto a dare fiducia a chi dice che è necessario attendere ancora. Non so se queste riaperture potranno costituire l'occasione per tornare a parlarsi trovando un nuovo equilibrio tra gli opposti, per quanto me lo auguri; sicuramente costituiranno un momento delicato per tutti, consumatori compresi, dato che il fattore tempo - perché la voglia di bere c'è ed è tanta, il problema è quando lo si potrà fare davvero, perché potrebbe essere troppo tardi per pub, birrifici e affini - è dirimente.
In questo si inserisce anche il comunicato di Unionbirrai, in quanto legato agli aiuti previsti per fronteggiare il calo di fatturato dovuto alla pandemia. Ora, chi ha un po' di dimestichezza con l'ambiente potrà facilmente fare quello che gli inglesi chiamano educated guess su chi siano almeno i più noti tra questi otto; peraltro, tra quelli che io personalmente ho individuato, nessuno risulta essere socio Unionbirrai (stando all'elenco pubblicato nel sito dell'associazione). Il che, più che a fare inutile dietrologia su una vera o presunta volontà di Unionbirrai di tutelare i piccoli facendo guerra ai "grandi", porta semplicemente a ipotizzare che effettivamente ci siano esigenze diverse tra i birrifici più piccoli e quelli più grandi di questa soglia, portando a scegliere forme diverse per farsi rappresentare.
Anche qui pare di essere di fronte ad un altro caso di dialogo tra sordi: Unionbirrai era infatti sempre stata chiara su questo punto, come esplicitato nel comunicato; e, a meno di non ipotizzare retroscena di strane pressioni da parte di qualcuno degli otto birrifici interessati (cosa che non ho elementi per fare, e sarebbe davvero notevole se un qualche birrificio in Italia avesse tale peso politico), non si vede ragione diversa rispetto al voler includere qualcuno in più (ben otto imprese, signori!) nella platea di chi riceve un qualche beneficio - poi bisognerebbe naturalmente vedere caso per caso quanto effettivamente questo sconto incida per gli otto "grandi", per capire se questo finisca per essere di fatto un inefficace aiuto a pioggia.
È un messaggio tragico? Tragico non lo so, grave sicuramente sì, perché c'è di che ritenere che i grandi abbiano in generale comunque avuto più strumenti per far fronte alla pandemia: in buona parte sono presenti nella gdo (dove le vendite sono cresciute), sono più strutturati per l'e-commerce; oltre a non essere di fatto imprese familiari, come molti piccoli birrifici sono, con un impatto più pesante sotto il profilo sociale oltre che economico sulle famiglie coinvolte. Investire di più su tante piccole imprese, piuttosto che su poche più grandi, avrebbe sicuramente avuto un ritorno maggiore.
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