venerdì 30 settembre 2016

Dopo la Milano Beer Week

Sembrava che non dovesse iniziare proprio sotto i migliori auspici: la Milano Beer Week, giunta quest'anno alla terza edizione, aveva incassato ancor prima del suo inizio - il 12 settembre scorso - il ritiro di due locali di spessore come il Lambiczoon e La Belle Alliance, motivato con l'ingresso nella manifestazione di grandi nomi dell'industria - Heineken su tutti, ma anche Birra del Borgo certamente non sarà sfuggita. Essendo stata invitata alla presentazione della Thomas Hardy's Ale - anche questa non esattamente nelle corde dei sostenitori della birra artigianale, essendo prodotta da Meantime per conto di due "imprenditori della birra" come i fratelli Vecchiato - ne ho approfittato per interpellare sulla questione l'organizzatore, Maurizio Maestrelli; il quale si è riservato di parlarne a manifestazione conclusa. Ho avuto così l'occasione di una chiacchierata con lui al telefono ieri. Buona lettura...

Maurizio, le polemiche sorte inizialmente sembra si siano poi sopite: davvero non c'è stata nessuna ripercussione?
Siamo molto contenti di come è andata la Milano Beer Week e lo sono stati anche i locali, che ci hanno riferito di aver visto molte facce nuove. E questo è coerente con il nostro scopo di avvicinare il pubblico generalista, quello che a Milano più che birra beve Negroni Sbagliato, e stimolare una crescita dei consumi che in Italia sono fermi da anni. Anche la stampa non di settore ci ha seguiti più degli anni scorsi, mettendo in luce come a Milano si può bere buona birra.

Il dissidio tra birrifici artigianali e birrifici industriali, che si riflette anche sui consumatori, è però un dato di fatto: eventi che mettono insieme e sullo stesso piano gli uni e gli altri non si prestano ad offrire, come alcuni hanno osservato, una sorta di "grimaldello" ai grandi dell'industria per crearsi degli spazi nel pubblico "potenzialmente craft"?
Innanzitutto faccio osservare che, su 60 eventi organizzati, 55 erano dedicati a birrifici indipendenti: se pensiamo che questi costituiscono, in Italia, il 5% del mercato, si vede come le percentuali di visibilità tra artigianali e industriali siano praticamente invertite alla Milano Beer Week. In secondo luogo, tengo a chiarire che la prima condizione posta agli sponsor è non poter imporre ma solo proporre i propri eventi; né gli eventi sono organizzati unicamente dai birrifici sponsor. I locali vengono lasciati liberi nel decidere quali eventi ospitare e che veste darvi: è stato organizzato ad esempio un reading di libri gialli, che ha portato in birreria gente che magari non ci sarebbe andata. Da ultimo, sottolineo di non aver mai affermato che la Milano Beer Week è la settimana della birra artigianale: pertanto, la critica sul fatto di aver ospitato anche Heineken e Birra del Borgo non è pertinente sotto questo aspetto. Del resto, se una birra è buona, non sono dell'idea di escluderla a priori per ragioni di proprietà: una delle mie preferite è la Rodenbach, e finché sarà buona non smetterò di berla per quanto Palm sia partecipata al 70% da Bavaria.

Molti però fanno notare che la "nuova frontiera dell'educazione del consumatore" riguarda appunto la questione proprietaria: eventi che mettono insieme birre artigianali e non sono l'occasione per farlo, o finiscono piuttosto per confondere le idee? 
A me l'educazione del consumatore va benissimo, però bisogna ammettere che un approccio eccessivamente intellettualistico non ha cambiato di molto l'attitudine del consumatore medio italiano. Sicuramente va sostenuta la crescita della birra artigianale, ma la birra è anche convivialità e piacere di berla: e lì non c'è un giusto e uno sbagliato, si tratta molto semplicemente di gusti, e questi gusti possono includere la birra industriale. E poi bisogna portare la gente dentro ai locali, suscitando la curiosità e la voglia di tornare: in questo senso, ben vengano anche gli eventi in cui la birra non è l'unica protagonista. Osservo comunque che è cresciuto un pubblico più consapevole, meno legato alle mode del momento.

Che le multinazionali stiano allungando sempre più le mani sui birrifici artigianali è però un dato di fatto che non può più essere ignorato...
Posto che ritengo abbastanza inverosimile che i birrifici indipendenti vengano acquisiti in massa, dobbiamo ricordare che la "rivoluzione craft" è nata in risposta all'omologazione del gusto dettata dall'industria: e sotto questo aspetto non si torna indietro, né me lo augurerei. Se le acquisizioni dovessero risultare in un appiattimento del prodotto, la reazione ci sarà di nuovo; e i grandi gruppi lo sanno bene. Per il resto, un mercato sano è un mercato vario: non so se e quando scoppierà la bolla dei birrifici artigianali, certo ne rimarranno in campo di meno, ma non  si tornerà indietro.

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