Ebbene sì, lo ammetto: una volta tanto, stranamente, non avevo voglia di uscire, nemmeno per bere una birra. Però si sa, un invito non si rifiuta; e meno male perché quella di venerdì scorso alla Brasserie si è rivelata una serata piena di sorprese. A dire il vero è partita con una vecchia conoscenza, la Dama Bianca di Antica Contea; che questa volta ho però provato per la prima volta in bottiglia. Superfluo dire che l'ipotesi migliore è berla da cask, con una
carbonatazione meno pronunciata, come si addice alle pale ale (pardon, alle Ipa - Isonzo Pale Ale); interessante comunque una nota speziata
all'aroma - quasi di zenzero, che non avevo mai notato prima -, insieme al
floreale. Ho trovato poi più pronunciata anche la parte erbacea rispetto alla versione alla spina.
Come sempre ad essere tragicamente esile è il corpo, tanto che nonostante la
gradazione non sarebbe un problema finire una bottiglia da soli, con il
finale secco e di un amaro delicato. Confermo ad ogni modo che la considero una delle
migliori creazioni del Birrificio Antica Contea, per cui, per quanto non sia in bottiglia che dà il meglio di sé, sicuramente rimangono soldi ben investiti.
Dopodiché un nostro caro amico, il pluripremiato - ebbene sì, è un habitué del podio di diversi concorsi - homebrewer Luca Dalla Torre, ha tirato fuori - non dal cappello ma dalla borsa frigo - la sua ultima creazione, una pale ale in cui ha sperimentato il luppolo Ella in dry hopping. All'aroma emergono le note fruttate - e qui s'è aperta una dotta discussione: chi sentiva pesca, chi banana, chi mango, sembrava una scenetta in tema "chi la spara più grossa"....però sempre fruttato era -; tutti toni che tendono al dolce e che infatti introducono il corpo ben maltato, che nonostante una punta speziata lascia una persistenza tendente quasi al caramello e tutt'altro che secca - contrariamente agli usi di Luca. C'è da dire che, a onor del vero, a detta di Luca stesso una maturazione più lunga avrebbe giovato: rimane comunque una birra "ruffiana" e gradevole, che nonostante la preponderanza della parte maltata non è stucchevole e che l'Ella rende discretamente rinfrescante.
Per chiudere degnamente la serata Norberto ha stappato in anteprima uno dei futuri arrivi di casa Brasserie, la Imperial Deep Underground di Opperbacco. Con i suoi 9 gradi e mezzo e con l'aroma che sprigiona, basta annusarla per superare il limite legale per mettersi alla guida: si tratta di una ale scura un po' sui generis, che ai malti pale, pilsner e cristal wheat unisce special b., black, avena e generose (si direbbe, almeno all'assaggio) dosi di chocolate, nonché caffè puro e liquirizia in fine bollitura. Manco a dirlo, all'aroma fa un baffo a Lavazza e Illy messi insieme, tanto da mettere in ombra la pur robusta luppolatura - summit e dana, per gli intenditori. Il sottile gioco di equilibrio tra l'amaro da caffè e cioccolato fondente e quello del luppolo è comunque il filo conduttore in tutta la bevuta - non facile per quanto estremamente soddisfacente, dato il corpo importante e l'acol che si fa sentire soprattutto in chiusura -, insieme ad una punta di acidulo dei malti scuri. La persistenza è poi altrettanto robusta, ed è lì che il luppolo più di tutto emerge come "legante" tra amari diversi che i birrai - l'etichetta recita infatti "Collaboration beer Iume - Luigi - Loreto - hanno saputo ben dosare. Da bere a piccole dosi e con calma, per assaporarla appieno; e se quando ho proposto un birramisù Enrico ha gridato all'erresia perché "una birra del genere non si spreca così", rimango convinta che anche così esprimerebbe egregiamente le sue potenzialità...
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