venerdì 28 agosto 2015

Una birra dal Sol Levante

L'estate è, doverosamente, tempo di ferie; e così, cogliendo l'occasione di avere il fratello a fare ricerca alla giapponese Tohoku University di Sendai, ne ho approfittato per fare rotta su Tokyo. Non che lo scopo principale del viaggio fosse bere birra; però, una volta che si visita un Paese nuovo, è un peccato rimanere a bocca asciutta. La sera in cui sono atterrata a Tokyo sono riuscita a recuperare a cena soltanto una Asahi - vero e proprio marchio nazionale, insieme alla Kirin e alla Sapporo, per quanto riguarda le birre industriali -; ma una volta raggiunta Sendai, mio fratello non ha mancato di farmi sconoscere le amenità del luogo, tra cui l'unico locale che serve birra artigianale.

Trattasi del Craftsman Sendai, locale decisamente sciccoso - passatemi il termine -, che oltre all'artigianalità della birra ha come imperativo il km zero e il biologico nei piatti gourmet che serve; più la cucina italiana, per quanto non mi siano del tutto chiare le ragioni del connubio. Le birre presenti si dividono più o meno equamente tra giapponesi e americane, spillate dal curioso muro che vedete nella foto sopra; più qualche belga in bottiglia, che però non ho visto girare tra i tavoli. In effetti, data l'ampia offerta alla spina, meglio puntare su quella; tanto più contando che c'è la possibilità di farsi fare tre assaggi, accompagnati da un tortino di tonno (da mangiarsi rigorosamente con le bacchette). Dato che il listino è quello che vedete qui a fianco, mi sono dovuta far aiutare dal simpatico publican - che fortunatamente parla inglese; e così la mia scelta è caduta sulla pale ale Taisetsu, la ipa Johanna Kasayaki Wheat 7, e la porter Rokko - tutte rigorosamente giapponesi - per quanto la maggior parte della tradizione birraria nipponica sia incentrata sulle sulle pils e sulle lager chiare in genere.

La pale ale mi ha sorpresa per l'aroma quasi balsamico, che lascia comunque trasparire anche il malto con delle note di mandorla; il corpo è decisamente esile per una birra di questo genere, il che la rende particolarmente beverina anche grazie alla delicata chiusura amara. Ho trovato peraltro si abbinasse molto bene al tonno, quasi a contrastare la cipolla, mescolata in generosa quantità con il pesce. Un pizzico fuori genere invece la ipa che, nonostante l'aroma citrico che pur caratterizza alcuni esemplari di questo tipo, ha come peculiarità l'aggiunta di frumento: il che si fa sentire bene nel corpo prima della nota speziata finale, che lascia poi una lunga persistenza amara. Mi sono infine decisamente goduta la porter, che oltre ai caratteristici aromi e sapori di caffè particolarmente spiccati, esibisce una nota di cardamomo: non l'avevo mai provato su una porter, ma devo dire che non è eresia.

Ho apprezzato più di tutto però la Y Market, che ho assaggiato da mio fratello (e che vedete nel primo bicchiere a sinistra): una pale ale che non ha nulla da invidiare alle "ipa più ipa" - passatemi l'espressione -, con una luppolatura da aroma particolarmente generosa su toni erbacei e resinosi, che si ritorvano nella chiusura amara. Vabbè, pazienza, non ho indovinato la migliore: toccherà fare un altro viaggio da quelle parti...

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