Ebbene sì: incorniciato in bella vista, accanto al diploma di laurea, c'è ora l'attestato di partecipazione al corso di degustazione per sommelier della birra, che - come accennato in questo post - ho seguito lo scorso weekend all'Università di Udine sotto la guida del prof Buiatti. Un corso che riscuote, a quanto pare, notevoli consensi in tutta Italia: il partecipante più lontano arrivava direttamente da Reggio Calabria, con qualche presenza anche dall'Emilia Romagna e un buon gruppo di veneti (io sinceramente non saprei tra chi annoverarmi, ma vabbè).
Ad aprire il corso venerdì è stato appunto il prof Buiatti, con un "pippone di due ore" (parole sue, declino ogni responsabilità) sulle tecniche di produzione della birra, "perché non potete sapere cosa bevete se non sapete come si fa": ma devo dire che "pippone" non è stato, perché, per quanto impegnativo da seguire, mi ha aperto un mondo che non conoscevo soprattutto per quanto riguarda la conoscenza delle materie prime. Se non altro, la prossima volta che un birraio mi parlerà di Vienna e di Saaz non crederò che si stia riferendo alla capitale austriaca o a una nuova marca di automobile (per i non adepti, il primo è un tipo di malto e il secondo una varietà di luppolo). Altra scoperta curiosa, nella lezione sui principi di analisi sensoriale tenuta dal dott. Comuzzo, è stata quella di possedere il retrolfatto: una sorta di "senso trasversale" tra gusto e olfatto, dovuto alla risalita per le vie nasali di alcune molecole di ciò che abbiamo messo in bocca. Naturalmente la giornata non poteva che chiudersi in gloria con la prima degustazione, quella della Birra Cerevisia prodotta dall'Università.
Se avevo temuto che la prima lezione del sabato sui difetti della birra, tenuta da Paolo Passaghe, sarebbe consistita nel bere birre riuscite male costringendoci a masticare una quantità spropositata di mentine e affini per togliere il saporaccio, fortunatamente non è andata così: il buon Paolo aveva diligentemente preparato in laboratorio delle boccette da annusare, così da imparare ad individuare gli odori di sostanze prima a me pressoché sconosciute - e che sarà mai il diacetile? -, costringendomi peraltro a rispolverare lontani e ormai sopiti ricordi di chimica de liceo. A quel punto non rimaneva che iniziare a fare sul serio, con la panoramica e degustazione dei vari stili birrari nel mondo guidata dal mastro birraio Stefano Bertoli: un tour de force di 12 birre, dalle California Common Beer d'oltreoceano alle trappiste - con tanto di simpatica digressione sulla nomina del prof. Buiatti a Cavaliere d'Orval -, con diligente compilazione della scheda di degustazione per ciascuna di queste. Per quanto la compilazione risulti sempre più difficile man mano che si procede per ovvie ragioni, indubbiamente è uno stimolo a tenere desta l'attenzione e la consapevolezza di ciò che si sta bevendo; che non trovo peraltro abbia pregiudicato il piacere del bere in compagnia, dato che l'atmosfera era comunque quella di una discussione tra amici su cosa avevamo nel bicchiere.
Domenica la parola è tornata al prof. Buiatti, per la lezione sull'abbinamento tra birra e cibo. Se la bontà dei formaggi che ci sono passati davanti - un frant, uno stilton, un gouda e un lavarone - ha forse distratto un po' l'attenzione dagli abbinamenti proposti - una Cantillon, una Westmalle Tripel e una Grecale del birrificio Gjulia, da provare con ciascuno dei campioni per individuare gli abbinamenti più adatti -, nonché dello speck con la Rauchbier, ha forse dato un taglio un po' godereccio a scapito dell'attenzione, comunque si è rivelata una leizone del tutto istruttiva: almeno adesso ho capito perché si dice che alcune birre "sgrassano", o come la carbonatazione possa influire nella percezione dei sapori. Data la vicinanza al Natale, non poteva mancare un ottimo panettone artigianale con la Rudolph di Garlatti Costa; nonché, offerte dal buon Giovanni Francescon del Birrificio di Meni (nella foto) che partecipava al corso, le degustazione della lager scura Pirinat messa a confronto con una cotta sperimentale ottenuta dallo stesso mosto sottoposto però ad alta fermentazione. Forse uno dei momenti più isruttivi: il fatto di partire da una base identica permette di percepire molto bene i tratti distintivi delle lager e delle ale, oltre che di rendersi conto che, molto banalmente, basta un lievito diverso per fare "tutta un'altra birra".
A chiudere il tutto, la consegna degli attestati; con un complimento che trovo dovuto all'Universiytà di Udine, e in particolare al prof. Buiatti e a tutto il suo staff, per la qualità del corso tenuto e per l'impeccabile organizzazione. Ed ora che sono una degustatrice diplomata, in alto i boccali (invece dei calici)...
Complimenti Chiara, soprattutto per il tuo sano entusiasmo.
RispondiEliminaUn po' meno complimenti a Unionbirrai che con due giorni di seminario decide di rilasciare un attestato niente meno che di "Sommelier della birra" con buona pace di chi studia per anni e segue corsi su corsi di decine di lezioni. C'è un vuoto normativo, ok, nessuno stabilisce cos'è un sommelier della birra (a proposito, si chiama Cervoisier) ma proprio per questo chi ci tiene a questo mondo dovrebbe essere un tantino più serio. Ben vengano corsi, seminari, approfondimenti, incontri...ma la mania tutta italiana del "pezzo di carta" proprio non la capisco.
Grazie dei complimenti. Mi permetto comuqnue di far notare che si tratta di un attestato di partecipazione al corso, non di un titolo di "Sommelier della birra"; cosa per la quale chiaramente occorre ben più lunga esperienza. Invito però "anonimo" a rivelare la sua indentità...
Elimina