Quando mi hanno suggerito di farmi un giro al Samarcanda, birreria di Plaino assai difficile da trovare a meno che già non sappiate dov'è, la domanda mi è sorta spontanea: che il nome sia ispirato alla nota canzone di Roberto Vecchioni? E infatti è stata questa la prima domanda che ho fatto a Beppe, ex fotoreporter che ad un certo punto della vita alla macchina fotografica ha preferito la spina della birra. In effetti, avevo visto giusto: a tenere a battesimo il locale sono stati due due cavalli scolpiti nel legno, che nelle intenzioni di Beppe avrebbero dovuto far bella mostra di sé ai lati del bancone, evocando il celebre "Oh oh cavallo" della canzone. Almeno finché non ha visto il prezzo, assolutamente proibitivo: ma ormai il nome era scelto e registrato in Camera di Commercio, e così Samarcanda fu.
La prima cosa a colpire entrando al Samarcanda rimane comunque l'arredamento: tavolini e sedie d'antiquariato, una vastissima collezione di bottiglie, un tecnigrafo degli anni '50 dell'istituto Malignani, e una cassa di legno ottocentesca usata per spedire birra con tanto di timbro del Regno Sabaudo. Il tutto, assicura Beppe, recuperato quà e là nei mercatini, o rovistando nelle soffitte degli appassionati. Ne risulta quindi un ambiente assai curioso in cui sedersi a bere un bicchiere, il che non guasta come cornice.
A colpire ancor di più è però il listino: circa 400 birre - Beppe assicura che le tiene tutte...-, di cui alcune vere rarità più o meno sconosciute. Insomma, è da mettersi le mani tra i capelli nel districarsi tra tanto bendidio. La selezione è particolarmente notevole nel campo delle birre belghe e britanniche, con tanto di listino a parte dedicato alle Brewdog: e su una di queste a me ignota è caduta la mia scelta, la Libertine Black Ale. La scheda la definiva "una stout trasformata in Ipa", e devo dire che come descrizione è azzeccata: se all'aroma risaltano soprattutto il tostato e il caffè tipico delle stout, il corpo e ancor di più la persistenza rendono piena giustizia ai luppoli americani caratteristici della Ipa, equilibrando bene il contrasto così che non risulti sgradevole. Certo è parecchio corposa ed ha un grado alcolico non trascurabile (7,2), per cui forse prenderla in una calda serata d'estate non è stata l'idea migliore; ma l'ho comunque apprezzata, se non altro per l'unicità.
Il Samarcanda è aperto da solo un anno, ed è quindi in fase di evoluzione e sperimentazioni: una di queste è la prima edizione di "Luppolando", concorso per homebrewers aperto fino al 1 settembre, che si concluderà con la scelta delle cinque migliori opere da parte di una giuria di esperti sia italiani che stranieri (inutile dire che sarei assai curiosa di intrufolarmi, date le belle sorprese che mi hanno sempre riservato gli homebrewers, come già avevo scritto in questo post). Insomma, le idee non mancano, per cui le premesse per futuri sviluppi ci sono. Unica osservazione da fare, forse, la selezione di birre piuttosto sbilanciata verso quelle di una certa qualità e rarità e conseguentemente di un certo prezzo: il che certo risponde ad una precisa scelta di mercato e ad una altrettanto precisa "filosofia birraria", ma che magari - per quanto non manchino le birre più "abbordabili", in particolare tra quelle alla spina - può scoraggiare il non intenditore. In tutto e per tutto però, appunto per questo, un posto da consigliare in primo luogo agli appassionati - nonché a chi intenditore (ancora) non è, ma intende accostarsi a questo mondo -, perché quello che troverete qui non lo troverete altrove: corri cavallo, corri ti prego, fino al Samarcanda io ti guiderò...
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