Di proporre la birra come bevanda da pasto in alternativa al vino si parla da anni, ed è sempre più spesso comunemente accettato; però nella massima parte dei casi l'ho visto fare non ponendo la birra come superiore al vino, ma come bevanda con pari dignità ma erroneamente non considerata. Anche di pizza e vino si parla da tempo; così come di abbinare diversi tipi di birra a diversi tipi di pizza perché, diciamocelo, la classica bionda con la margherita non è esattamente l'accostamento più indovinato. Si potrebbe dire, anzi, che siamo già oltre il conflitto e stiamo andando verso la sintesi: basti dire che esistono percorsi per sommelier del vino che includono anche lo studio della birra e viceversa (ad esempio il corso di primo livello dell'Ais che vi dedica l'undicesima lezione, o il master "Beer&Wine fusion della Doemens Akademie) e ristoranti e pizzerie che per ciascun piatto propongono sia un vino che una birra da abbinare. Aggiungiamoci pure che diverse aziende agricole che producono vino hanno iniziato a produrre anche birra - il che naturalmente non è reato, ma altrettanto naturalmente va fatto con le giuste competenze per non risultare una discutibile operazione di business fine a se stesso. Ancora, potremmo citare come le Iga abbiano in più casi aperto interessanti collaborazioni tra birrifici e cantine. Perché dunque tutta questa acrimonia?
La prima spiegazione potrebbe essere, molto banalmente, che sia nel mondo della birra che in quello del vino non tutti sposano la linea della conciliazione: siamo in tanti con tante idee, e quindi c'è chi sceglie di difendere le proprie posizioni andando all'attacco. E qui si innesta la seconda spiegazione che molti hanno citato: i produttori di vino iniziano a sentirsi braccati a fronte dell'avanzata della birra nella ristorazione, peraltro con una rosa (almeno potenzialmente) assai più ampia di opzioni gustative, e quindi risponde screditando l'avversario in quello che è stato tradizionalmente il suo campo - la pizza - così da recuperare le quote perse nel resto della ristorazione. A parte il fatto che reagire denigrando è tipico di chi non ha argomenti, se così fosse davvero staremmo assistendo ad uno stravolgimento non da poco: nell'Italia del vino, dove non è mai stato necessario spiegare il perché del vino a tavola - ma piuttosto quello della birra -, che il vino abbia bisogno di aggrapparsi all'unico settore della ristorazione in cui è in minoranza (per quanto sia un settore estremamente popolare, con un giro d'affari di oltre 6 miliardi di euro annui secondo i dati Doxa/Assobirra 2017) è sintomo di un cambiamento significativo. E' anche vero che, se allarghiamo al mondo, il giro d'affari è dieci volte tanto (dati Fipe): e con l'export che ha il vino italiano (21 milioni di ettolitri annui, secondo i dati presentati a Vinitaly), la cosa non è secondaria.

Insomma, la realtà come sempre è molto sfaccettata, ed è difficile trarre una lettura univoca da tutte queste considerazioni. Sicuramente birra e vino dovranno sempre più confrontarsi sullo stesso terreno, mentre un tempo viaggiavano su binari perlopiù separati: sarà da vedere se sceglieranno di farlo combattendo per le proprie posizioni nella logica del gioco a somma zero, o se la collaborazione potrà essere la chiave per cambiare la somma del gioco risvegliando un maggior interesse da parte del pubblico.
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