Sono stata ieri all'apertura della Festa della Birra Artigianale - questo il nome dell'evento stando a quanto pubblicizzato su media e social network - in piazza Venerio a Udine. Lo ammetto, la mia curiosità era piuttosto "perfida": nei comunicati diramati dalla società organizzatrice, la Flash Srl, si parlava anche di "Birra Moretti alla Toscana". Ohibò, mi sono detta: che succede? Se vado e trovo il cartellone della Moretti esposto in bella vista, potrebbe esserci di che divertirsi nel fare il leone da tastiera e sollevare polveroni. Scherzi a parte, l'interesse a capirci di più comunque c'era, se non altro per rispetto nei confronti del birrifici - quelli sì davvero artigianali - partecipanti: Sognandobirra, Diciottozerouno, Tazebao, Dr Barbanera, Zahre e Belgrano.
La prima cosa su cui mi è caduto l'occhio è stato il fatto che, all'ingresso della piazza, il cartellone parlasse semplicemente di "Festa della birra": la dicitura "artigianale" quindi non compariva più. E a ragion veduta, direi, perché ciascuno degli stand gastronomici serviva anche birra e anche non artigianale (no, il cartellone della Moretti in bella vista non c'era: però ho trovato ad esempio Ichnusa, gruppo Heineken; nonché Ottakringer, birrificio viennese certo storico, ma che non accomunerei agli artigianali). Per carità, gli stand gastronomici sono del tutto liberi di vendere anche da bere, ci mancherebbe. E allora però, coerentemente, parliamo di "festa della birra" in senso lato, non solo di quella artigianale.
Perché, se di festa della birra artigianale vogliamo parlare, allora credo siano necessari i dovuti accorgimenti: gli stand gastronomici servano solo cibo, e la birra venga servita solo dai birrifici - perché dopotutto, si presume, è per quello che gli avventori sono lì. Mettere di fatto in concorrenza, perché di questo si tratta, le spine di birra industriale con quella artigianale, non è rispondente a ciò che un evento del genere dovrebbe essere: e non perché il consumatore non sia comunque libero di scegliere quale birra acquistare, ma per il messaggio che un'iniziativa che porta questo nome dovrebbe lanciare.
Detto ciò, non vedo nel boicottaggio selvaggio di tutti quegli eventi - e sono diversi - in cui si ripropongono situazioni simili una strategia necessariamente utile: probabilmente si otterrebbe soltanto di danneggiare quei birrifici artigianali che vi partecipano, lasciando numeri ben più ingenti di persone che questa questione non se la pongono a dirigersi verso gli stand della birra più a buon mercato. Certo il consumo consapevole - acquistare il cibo da una parte, la birra dall'altra - può essere pure poca cosa: ma, vedendola sotto un profilo di realpolitik, è comunque un segnale costruttivo. Del resto, a sentire diversi birrai, anche per loro il boicottaggio non è sempre la soluzione giusta: più d'uno mi ha riferito di riuscire sia a vendere meglio (perché la baracca bisogna pur tirarla avanti) che a far apprezzare meglio il proprio prodotto proprio là dove si ritrovava a venire messo a confronto con un'industriale.
Un'ultima nota in chiusura: ho cercato ieri, senza successo, di parlare con qualcuno degli organizzatori (nessuno dei birrai ha saputo indicarmene tra i presenti), così da chiedere direttamente a loro spiegazioni della scelta. Naturalmente sarò felice se vorranno intervenire.
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