
In pressoché tutti gli ultimi eventi a cui ho partecipato - intendendo per "ultimi" quelli degli ultimi sei mesi - ho notato un "filo rosso" costante nelle mie chiacchiere con i birrai. Molti mi hanno infatti riferito di aver visto - con poche, lodevoli eccezioni - un
notevole calo di affluenza per quanto riguarda fiere, feste ed eventi;
che, sempre pressoché all'unanimità, sono diventati troppi, arrivando
a "stancare" gli acquirenti. Anche il binomio
birra/cibo, per quanto offra risultati migliori, non pare più garantire il successo. Il tutto a fronte di una produzione che però aumenta o quantomeno non cala, tanto che diversi birrifici stanno investendo per crescere: se la matematica non è
un'opinione, quindi, l'interesse per il prodotto birra artigianale
rimane, ma viene venduta attraverso altri canali. La maniera con cui la si propone al pubblico è quindi da rivedere
perché ha fatto il suo tempo? Anche questa è un'opinione diffusa, ma queste strade alternative non paiono ancora ben chiare: le
proposte davvero "diverse" sono poche, né si è ben capito quali possano
essere (se non in casi specifici e molto "mirati", di cui è classico esempio
l'Arrogant Sour Festival - nella foto - o altri eventi dalla fisionomia e destinatari ben delineati). Dopo l'ennesima osservazione di questo tipo, ho quindi deciso che era giunto il momento di fare un'indagine al largo tra i birrai: tutti concordano su questo ragionamento? Il proliferare di feste e di nuovi birrifici pone come strada obbligata
quella della vendita diretta a livello locale, dove è più facile
ricavarsi il proprio "zoccolo duro", o all'altro estremo di varcare i
confini per andare oltre un mercato italiano
inflazionato? A conferma del fatto che il tema è molto sentito non solo sono stati in molti a rispondermi, ma tutti l'hanno fatto in maniera molto articolata; per cui chiedo scusa se dovrò riassumere i riscontri ricevuti.
Da un lato, il fatto che la birra artigianale sia, come molti avevano auspicato, uscita dalla nicchia di appassionati e diffusa su scala più ampia, secondo alcuni ha paradossalmente tolto parte del senso a queste manifestazioni. "Se
adesso molti ristoranti e bar hanno una loro carta delle birre di tutto
rispetto, perché devo pagare per entrare ad una manifestazione delle
birre artigianali? - si chiede Carlo Antonio Venier, di Villa Chazil (in questa simpatica foto che ho ritrovato in archivio....fidatevi sulla parola che è lui, anche se la faccia non si vede) -. Personalmente
vedo uno sviluppo futuro di un mercato molto legato al territorio con
pochissime manifestazioni specifiche per chi vuole provare birre che è
difficile trovare altrimenti".
Anche Alessandro Giuman (sulla sinistra), del Birrificio del Doge, traccia un quadro simile: "In quanto a feste e fiere siamo al picco storico - sostiene -, probabilmente ci sarà un taglio degli eventi nei prossimi anni. Da parte di noi birrifici ci sarà un minor interesse
di partecipazione, continueranno con interesse i beer firm e i piccoli
birrifici per farsi conoscere. Ma siamo sicuri
ci sia guadagno? Chi ti acquista con regolarità è il locale, il pubblican, è lui che ti propone e ti da
costanza. Per
il 2017 la mia scelta l’ho presa: solo eventi di qualità, di importanza
o che ho già frequentato e che ritengo validi. Una decina in un anno, mentre quest’anno gli inviti sono stati più di 50. E poi abbiamo come obiettivo sviluppare l'export, avendo già coperto tutto il territorio nazionale".
Più "moderati", ma sostanzialmente sula stessa linea, i ragazzi del Birrificio Conense, che parlano sia di eventi ben riusciti che di altri in cui si è battuto la fiacca: "La partecipazione ad un evento ha un rischio intrinseco che bisogna accettare - ammettono - così come bisogna saper ragionare sullo stand e su come ci si presenta per avree un buon riscontro. Non crediamo sia solo un problema di promozione, o di accostare alla birra il cibo e l'intrattenimento che pure va benissimo: se la gente manca perché non c'è più interesse per il format, è molto meglio per noi partecipare ad una sagra o ad una manifestazione locale
dove c'è sicuramente gente e magari a vendere birra sei l'unico o hai
poca concorrenza. Non sapremmo cosa si potrebbe "cambiare". Certamente la birra artigianale ora è più capillare e gli
eventi sono di più, ne consegue che è più difficile smuovere molte persone. Per l'export, invece, troviamo sia difficile essere competitivi".

"Condividiamo appieno: l'interesse per il
prodotto birra artigianale rimane, ma la maniera con cui la si
propone al pubblico è da rivedere perché sembra aver fatto il suo
tempo - mi scrivono da St. John's Bier - Ormai il mercato è saturo di fiere, feste ed eventi, e per noi è impossibile fare
quantomeno una cernita e decidere a quali eventualmente aderire...
perchè spesso questi eventi si trasformano in sagrette da
"tarallucci e vino", pardon... birra! Sicuramente bisognerebbe puntare su 2 o 3 eventi l'anno ben
strutturati e con proposte diverse da solito stand adibito alla
vendita, altrimenti davvero ci si riduce alla vendita diretta a
livello locale o alla ricerca di un mercato estero. I birrifici
sono tanti, moltissime le beer firm, ma anche il pubblico è ormai vasto il problema
rimane davvero come farsi conoscere e riconoscere".

Una linea simile a quella espressa da Andrea Marchi (qui sulla sinistrainsieme al socio Costantino e al publican del Mastro Birraio di Trieste, Daniele Stepancich) di Antica Contea: "A
bbiamo deciso di fare alcuni eventi importanti, poi tutte cose piccole - scrive -, sia per poter far fronte alla produzione, sia perché tante fiere chiedono quote di partecipazione importanti. Quindi abbiamo deciso di fare eventi generalisti che permettono di "prendere" una clientela non esperta. L'anno prossimo con l'aumento della produzione aumenteremo anche gli eventi, ma scegliendo con attenzione e privilegiando quelli su invito".

Da Federica e Felice del Birrificio Cittavecchia, che arrivano dal settore vinicolo, giunge una visione che si allarga proprio a questo: "Quello che si sta prospettando per la birra è esattamente ciò che è accaduto col vino. La disaffezione del pubblico verso gli eventi non è mancato interesse, ma appunto frutto del proliferare
degli eventi che diluisce le persone interessate in una miriade di
occasioni, tanto da far perdere di valore anche quelle manifestazioni
che meriterebbero più di altre. In molti eventi nati per promuovere il vino si stanno creando degli spazi dove proporre la birra artigianale: questo la dice lunga su un presunto calo di interesse o disaffezione. Ma effettivamente ci vuole novità, ogni evento dovrebbe caratterizzarsi in modo diverso dall’altro e periodicamente aggiornarsi nella proposta. Consideriamo anche il fattore copia-incolla:
un’agenzia crea un evento, un birrificio inventa un modo di proporsi, e
subito dopo ne nascono dei cloni. Col rischio di vanificare anche il
progetto originale". La via, secondo loro, "resta quella del ritorno alle origini, ovvero concentrarsi sulla qualità e catturare il cliente per la costanza del prodotto o della proposta di valore (reale e percepito). Gli eventi si dovranno caratterizzare anche per i nomi,
non solo per i numeri. E non solo quelli che
conviene avere perché sono dei nomi importanti, ma anche quelli che è
bello avere perché hanno una qualità sopra la media. Forse un
evento ben fatto è quello che cerca tra i piccoli, a livello locale,
aiutando le piccole realtà ad emergere, garantendo fiches di ingresso a
misura di piccola impresa e selezionando chi aderisce". Da ultimo, le ampie prospettive: "A livello locale ognuno certo può lavorare, ma nel mondo della
globalizzazione è impensabile restare
ancorati al proprio orticello. Puoi essere molto presente
localmente e fare il possibile affinché la fama locale abbia eco
altrove, ma laddove il mercato è piccolo anche solo un
concorrente in più ti farebbe le scarpe. Quindi è importante sviluppare quella capacità commerciale di tipo imprenditoriale che porta l’azienda a confrontarsi con mercati più ampi, essere
presenti in posti ed eventi diversi, non necessariamente legati al tuo
settore o creare occasioni per fidelizzare nuovi clienti".
Insomma, le idee consolidate paiono essere: poche manifestazioni ma di qualità, che sappiano innovarsi e rinnovarsi per quanto non sia ancora ben chiaro il come; e soprattutto che consentano di coordinarsi con altre vie di promozione, come la presenza nei locali e l'export.
Ringrazio tutti i birrai che mi hanno dato la loro opinione, comprese le impressioni datemi a voce da Erica e Riccardo del Benaco 70 - tra quelli, peraltro, che si stanno affacciando all'export e che proprio in quanto a fiere sono sbarcati nei Paesi Bassi - e da Davide Perrinella, collaboratore del Birrificio Della Granda - sostenitore del fatto che il problema non è economico, perché chi entra ad un evento è anche disposto a spendere, ma far entrare la gente all'evento: e qui ci ricolleghiamo alla questione precedente dell'interesse che va calando.
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