mercoledì 19 febbraio 2014

Una birra tra gli stucchi

Come già ho avuto modo di osservare più volte, Udine, pur essendo più conosciuta - insieme al resto del Friuli - per il vino, è una cittadina assai interessante anche per gli amanti della birra: opinione confortata lunedì scorso, quando è sceso in città direttamente da Forgaria il buon Severino Garlatti Costa per una degustazione delle sue birre.

Una nota a parte "preventiva", per così dire, la merita però il locale in cui si è tenuta, il Caffè al Portello di piazza San Giacomo. L'attuale gestore, Luca Lombardo, ha infatti avuto l'idea di unire - sapientemente, senza scadere nel kitsch o nel pacchiano - antico e moderno, da un lato facendo restaurare gli stucchi del soffitto, e dall'altro aggiungendovi qualche dettaglio "contemporaneo": luci a led che illuminano di luce calda le decorazioni, divanetti di design, e una sorta di curiose ampolle di vetro di Murano sopra il bancone. Una cornice piacevole per le aperitivi e degustazioni, che infatti Luca organizza spesso, soprattutto di vini; ma anche appunto di birre - è stato il primo a lanciare l'"aperitivo di birra" a Udine -, come quella di lunedì scorso. Insomma, anche il luogo era indovinato, e se passate da Udine suggerisco una tappa.

A dire il vero conoscevo già due delle quattro birre proposte (la Liquidambra e la Lupus, di cui avevo già scritto in questo post), ma le altre due erano nuove, e quindi i buoni motivi per andare erano più che sufficienti. Dopo un'interessante e dotta dissertazione sulla produzione della birra - ho pure preso appunti, lo confesso - Severino ha iniziato col farci assaggiare la Opalita, una birra di frumento e segale con leggera speziatura, ispirata alle blanche (infatti fa 5 gradi). Già all'aroma si sente che la particolarità è appunto la segale, un'innovazione del buon Garlatti Costa, legata alle coltivazioni che ci sono sul territorio; ma fa comunque il suo - più al gusto, però - anche l'aromatizzazione al bergamotto, che il mastro birraio ha detto di aver scelto in quanto altro tipico italiano. Il corpo è decisamente leggero, anche perché, come ha spiegato lo stesso Severino, sia le le spezie che il luppolo sono usati con parsimonia, così da non risultare troppo prevaricanti: il che la rende dissetante e adatta agli abbinamenti con cibi leggeri, come i formaggi spalmabili, il Montasio fresco, il pesce, e le carni bianche. A dire il vero l'abbinamento proposto da Luca proprio leggero non era, però il Montasio c'entrava: frico di patate e polenta, una delle specialità locali. In tutto e per tutto, comunque, nota di merito alla segale: l'ho trovato un cereale decisamente indovinato, almeno in questo tipo di birra, che per certi versi mi ha ricordato il farro della Freya di cui avevo scritto in questo post.

Siamo poi passati alla Lupus, che Severino ha raccontato di aver battezzato a questo modo in riferimento al luppolo, chiamato così in latino perché aggredisce le altre piante. 6 gradi, ispirata alle blonde belghe ma con una luppolatura più marcata, che si abbina però ad una pura maltatura d'orzo altrettanto decisa: insomma, un amalgama di aromi - in cui mi è sembrato di riconoscere una speziatura simile a quella dell'opalita - e di gusti. E qui Severino mi ha spiegato il perché della persistenza amara che arriva molto in ritardo nelle birre di questo genere: non ci avevo mai pensato, ma è dovuta appunto all'equilibrio con il malto, che tende a coprire fino all'ultimo l'amaro del luppolo, lasciandolo come sorpresa finale. Non si finisce mai di imparare. In quanto agli abbinamenti, qui il mastro suggerisce cibi più complessi: formaggi a breve o media stagionatura, primi piatti con condimenti semplici e fritture di pesce. In questo caso la scelta di Luca è caduta su wurstel e crauti: non male, ma spero di non dire un'eresia se affermo che li avrei visti meglio piuttosto con la birra successiva.

Che era appunto la Liquidambra: anche qui Severino ha svelato l'arcano del nome, preso da quello volgare dell'acero rosso, la cui foglia è infatti disegnata sulla bottiglia. Un'ambrata di 7 gradi, più corposa - ma beverina, nonostante appaia inizialmente quasi caramellata sia all'aroma che al gusto, anche grazie all'equilibrio tra malto e luppolo di cui sopra che dà una certa persistenza amara. Appunto per questo si abbina bene a cibi più saporiti come formaggi media stagionatura, carni rosse - i wurstel di maiale di prima - e pizze con farciture ricche. Luca aveva scelto di abbinarla invece a delle alette di pollo parecchio speziate (buonissime, se passate da Udine fatevele preparare dallo chef), che personalmente avrei invece visto andare a pennello con la Lupus; di opinione diversa è stato invece Enrico, che ha apprezzato come la Liquidambra "sgrassi" - e dato che la pelle se l'è pappata tutta lui, perché "è così buona, così croccante", si capisce che ne sentisse il bisogno. Ultima nota, ammetto di non aver colto il leggero agrumato dato dai luppoli americani di cui aveva parlato Severino: pazienza, vorrà dire che non ho il palato sufficientemente sensibile.

Dulcis in fundo la Orzobruno, una scura di 8 gradi, per la quale Severino ha raccontato di essersi ispirato alle brune belghe ma cercando degli aromi tostati più delicati, che virassero verso cacao frutta secca. In effetti l'aroma è quasi assente, e anche il corpo non è affatto impegnativo nonostante il gado. Severino suggeriva di abbinarla a cacciagione, formaggi erborinati e dolci come il birramisù, il tiramisù alla birra - di cui aveva offerto un ottimo esempio lo chef Simone Bertaggia, descritto in questo post. In effetti la persistenza di caffè chiedeva prepotentemente un vezzo di questo genere, che però non è stato servito (vabbè, a onor del vero già al Portello avevano sfornato tre piatti, sarebbe stato pretendere troppo): ahò, Luca, quand'è che ce lo prepari?

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