lunedì 21 settembre 2020

Una serata Slow

Lo scorso 19 settembre ho avuto il piacere di partecipare, al birrificio Basei di Latisana, alla degustazione organizzata con gli undici birrifici del Friuli Venezia Giulia inseriti nell'ultima edizione della Guida alle Birre d'Italia Slow Food.

La prima cosa apprezzabile in una serata di questo tipo è stato senz'altro il fatto di avere lì, tutti insieme, i birrai che hanno ricevuto questo riconoscimento: quindi un'occasione come poche altre di discussione, confronto e conoscenza.

In secondo luogo, come ho avuto modo di affermare anche nel mio intervento all'inizio della degustazione, conoscere le birre e i birrifici selezionati da Slow Food per la guida significa andare a prendere in considerazione parametri che vanno oltre la sola - pur centrale - qualità delle birre: come testimoniano riconoscimenti come la Chiocciola o il titolo di "Birra Slow", significa tenere in considerazione anche la metodologia di lavoro dell'azienda, il rispetto per le tematiche ambientali, il suo rapporto con il territorio e con le materie prime che offre. Insomma, vuol dire conoscere anche un po' il birrificio, il suo territorio e la sua storia.

I birrifici presenti, per la cronaca, erano - oltre a Basei stesso, e in ordine rigorosamente casuale - Meni, Garlatti Costa, The Lure, Dimont, Campestre, Agro, Galassia, Foglie d'Erba, Bondai e Borderline. Personalmente ho partecipato a due delle quattro degustazioni in programma, con la Koelsch di Basei, la Bagan (amber ale) di Dimont, la Maan (belgian stout) di Galassia, la Blanche di Agro, la Lupus (belgian blonde ale) di Garlatti Costa, e la Bird (smoked porter) di The Lure.

Conoscevo già buona parte delle birre presenti, ma è stato in ogni caso interessante riprovarle - anche alla luce di alcune modifiche alle ricette. Iniziando dalla Koelsch di Basei, che appunto già conoscevo, l'appunto che mi sento di fare è che si conferma sempre più una sui generis, tanto che personalmente avrei difficoltà ad inquadrarla nello stile; in particolare per quanto riguarda la luppolatura più "esuberante" rispetto alle Koelsch classiche, e l'utilizzo di frumento - ben percepibile sia al naso che al palato. Venendo alla Bagan, anch'essa già nota, mi è viceversa sembrata meno "fuori stile" dell'assaggio precedente, avendo dimostrato una migliore continuità nella bevuta tra il caramellato-tostato del corpo snello e il taglio amaro-resinoso finale - abbastanza rispondente quindi alle amber ale, in tal caso americane vista la luppolatura. Nulla da aggiungere sulla Maan, già più volte descritta.

In quanto alla Blanche di Agro, che mi era invece nuova, devo ammettere che mi ha lasciata piuttosto spiazzata il connubio che si crea all'aroma tra il frumento maltato - potremmo quindi definirla un ibrido tra blanche e weizen, sotto questo profilo -, lievito e coriandolo usato generosamente: diciamo che deve piacere, e che - diversamente dalla filosofia "generale" del birrificio - strizza l'occhio più a chi cerca sperimentazioni che a chi cerca una blanche classica. Poco da aggiungere anche sulla Lupus di cui ho già parlato più volte, e che si conferma una di quelle in cui meglio si riconosce il tocco di Severino Garlatti Costa nel gioco tra i profumi del lievito belga e la luppolatura continentale, che torna a chiudere il finale; così come sulla Bird, questa volta in versione leggermente affumicata, tanto che questi profumi vanno ad amalgamarsi con il classico tostato-torrefatto delle porter (dandogli comunque un tocco di peculiarità).

Un grazie a tutti i birrai, e in particolare al padrone di casa Giuseppe Ciutto.

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